IL COUNSELING

 

 In Italia la letteratura sul counseling è piuttosto carente. Tale carenza è sorprendente, se si pensa a quante figure professionali sono coinvolte nell’attività di counseling.

Il counseling non è un intervento identificabile con la psicoterapia, ma che può avere effetti profondamente terapeutici. Non è identificabile con un affettuoso sostegno, ma se manca l’empatia e il desiderio di sostenere non produce nessun effetto. Non è semplicemente un dare consigli o consulenza, spesso è fatto di ascolto e disponibilità. Non è però nemmeno puro ascolto, ma ha bisogno di fasi direttive, di un metodo e un progetto che lo indirizzi.

Il termine inglese counselling deriva dal verbo to counsel che, letteralmente, significa “dare consigli”. L’aderenza stretta al significato originario ha gradualmente indotto un misconcetto sulla complessa attività che la parola counselling indica, un pregiudizio per cui nel counseling si danno consigli. Come se non bastasse, l’insieme delle abilità (skill) usate nella prima fase del counseling, che costituiscono una caratteristica di tutte le relazioni umane sono state spesso riduttivamente identificate con il counseling stesso. Il counseling non è fornire semplici informazioni, né persuadere, né consigliare.

Il counseling è essenzialmente un’attività di aiuto, con proprie e specifiche caratteristiche, che è andata sviluppandosi come fenomeno sociale nei paesi occidentali dagli anni Sessanta a oggi, di pari passo con lo svilupparsi della sensibilità collettiva verso la prevenzione, verso una migliore qualità della vita delle persone, verso il raggiungimento dello stato di benessere e di salute. Il counseling è un’attività che la British Association for Counseling (BAC, 1992) così definisce: “Il counselling è un uso della relazione abile e strutturato che sviluppi l’autoconsapevolezza, l’accettazione delle emozioni, la crescita, le risorse personali. L’obiettivo principale è vivere in modo pieno e soddisfacente. Il counseling può essere mirato alla definizione e soluzione di problemi specifici, alla presa di decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confrontarsi con i propri sentimenti e i propri conflitti interiori o a migliorare le relazioni con gli altri. Il ruolo del counsellor è quello di facilitare il lavoro dell’utente in modo da rispettarne i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione”.

 L’attività di counseling è, quindi, un processo a cui si fa ricorso per dare aiuto ad una persona nell’esplorazione della natura dei propri problemi in modo che possa egli stesso decidere autonomamente che cosa fare. Mentre la psicoterapia richiede un processo globale di crescita (aspetto strutturale), il counseling richiede invece un cambiamento focalizzato su obiettivi specifici (aspetto adattivo).

La durata dell’intervento varia da pochi incontri, anche uno solo, fino quindici o venti incontri, generalmente con frequenza settimanale.

I principi base del counseling segnalati dal BAC sono i seguenti:

-                Lo scopo del counseling è di fornire un’opportunità per l’utente di lavorare per un modo di vita più soddisfacente utilizzando le proprie risorse.

-                Counseling è volontariamente e deliberatamente un impegno tra operatore e utente. Esso è diverso da altre vie di aiuto.

-                Prima di iniziare il counseling, l’operatore chiarisce con l’utente le basi sulle quali il counseling può essere eseguito, inclusi metodo, durata, “compenso” e confidenzialità; dei cambiamenti possono essere apportati successivamente solo in accordo con l’utente.

-                Nel counseling il diritto dell’utente fa sì che ogni sua decisione sia rispettata.

-                Gli operatori monitorizzano continuamente ogni propria capacità, esperienza, risorsa e pratica.

-                Gli operatori saranno formati per il loro ruolo e si impegneranno a mantenere le loro competenze.

-                Gli operatori non traviseranno il loro apprendistato o le loro esperienze.

-                Gli operatori hanno regolari e appropriati supervisori/supporti a cui fare riferimento.

-                Gli operatori non abusano della loro posizione per scopi finanziari, emozionali o sessuali.

-                Tutto ciò che viene raccolto all’interno della relazione di counseling tra operatore e utente è trattato con rispetto e discrezione.

 

Il termine counselor non connota una specifica categoria professionale, quanto diversi operatori con diverse specificità professionali accomunati da un metodo di lavoro (insegnanti, avvocati, assistenti sociali e ecc.).

 

L’attività del counseling può essere svolta non solo nella relazione tra due persone, ma anche con coppie, famiglie, gruppi.

Counseling individuale: quando il soggetto ha la necessità di chiarire le proprie emozioni e i propri personali disagi.

Counseling di coppia: diversamente dalla psicoterapia di coppia si affrontano solo i problemi contingenti, fornendo ai partner gli elementi di una comunicazione efficace.

Counseling familiare: si affrontano soltanto problemi specifici della famiglia, per esempio, i conflitti tra i coniugi, i conflitti della famiglia allargata, le problematiche relative alla competenza genitoriale, i problemi legati alla separazione dei genitori.

Counseling di gruppo: l’attività di gruppo si può aggiungere in molti casi a quella individuale, particolarmente per l’esercizio di specifiche abilità (skill training).

 

L’intervento di counseling si estende a numerose aree:

1)            l’assistenza sociale.

Il counseling in ambito socio-assistenziale si occupa di:

aiutare a risolvere i problemi di carattere pratico

esaminare e potenziare le risorse di supporto sociale del territorio.

2)            la scuola:

per lo sviluppo delle competenze genitoriali, per i problemi degli allievi, per l’empowerment delle abilità di comunicazione dell’insegnante.

Problemi sociali e di emarginazione

Problemi relativi agli aspetti multiculturali.

 

3) il contesto sanitario, che comprende la prevenzione, il counseling si occupa di:

valutare le motivazioni al cambiamento di eventuali comportamenti a rischio;

valutare le risorse interne, le resistenze, le difese;

potenziare le capacità di coping;

favorire l’espressione di sentimenti e di emozioni;

individuare strategie per il cambiamento di comportamenti disadattivi mediante problem solving e decision making;

ottenere la riduzione dell’ansia;

  • la comunicazione della diagnosi e la ricerca dell’aderenza del paziente alle prescrizioni mediche;

  • le situazioni di crisi. Dopo un trauma, per esempio, la condivisione delle emozioni e il supporto consentono la gestione della crisi;

  • l’aiuto nel fronteggiare gravi malattie;

  • la preparazione all’inabilità e alla morte;

  • il contesto lavorativo e l’orientamento professionale;

  • problematiche legate al burnout e al mobbing;

  • counseling di orientamento al lavoro;

  • il volontariato. Counseling di formazione e supervisione relativamente all’intervento nei gruppi formali e informali.

  • Il counseling universitario.

 

Il counseling multiculturale

 

Nel counseling per utenti di cultura diversa da quella dell’ambiente dove l’utente si trova a vivere sono utili le seguenti azioni:

-                avere consapevolezza della propria cultura;

-                evitare di imporre i propri valori;

-                riconoscere i limiti delle proprie esperienze e delle proprie competenze multiculturali;

-                comunicazione empatica

a)            non pretendere di capire l’utente e non esitare a chiedere chiarimenti

b)           usare un linguaggio facile da capire e accertarsi che l’altro capisca

c)            chiedere all’utente degli esempi che illustrino le sue esperienze

-                studiare l’identità culturale del gruppo di appartenenza dell’utente.

-                non utilizzare credenze stereotipate sull’utente

-                ricordare che ogni popolo ha diversi ruoli, identità e script di riferimento

-                monitorare le proprie “difese” culturali di fronte al problema dell’altro

-                rimanere flessibili nella pianificazione dell’intervento e nella scelte delle strategie

-                esaminare i propri eventuali pregiudizi

-                utilizzare gli sforzi e le risorse dell’utente


 

MODELLI DI COUNSELING

Modello di Rogers.

Rogers definì non direttivo il colloquio del suo modello di intervento “centrato sul cliente”, intendendo in questo modo la relazione come vero e proprio “oggetto epistemologico”, sottolineando così l’importanza per l’operatore del possesso di qualità  umane (saper essere) più che di qualità tecniche (saper fare).

Rogers ha attribuito un’importanza particolare alla “riformulazione”. Si chiama riformulazione un intervento dell’operatore che consiste nel ridire con altre parole e in maniera più concisa e chiara, ciò che l’altro ha appena detto, e questo in modo tale che l’operatore ottenga l’accordo da parte di quest’ultimo.

Così facendo si ottengono subito tre primi risultati molto importanti:

-                l’operatore è sicuro di non introdurre nulla di nuovo, di estraneo, di interpretativo nella comunicazione che ha appena ascoltato

-                il soggetto è sicuro, se egli si riconosce nella riformulazione, di essere sulla buona strada nel farsi comprendere ed è così portato ad esprimersi ulteriormente.

-                L’operatore ha la prova che egli ha ascoltato e compreso ciò che gli è stato comunicato.

La riformulazione rogersiana comprende tre procedure principali, ordinate secondo livelli progressivi di “complessità”

 

La riformulazione -riflesso

Consiste nel parafrasare, o “riflettere” la comunicazione appena ricevuta dal soggetto. Non basta dare un segno di approvazione dicendo “si” di tanto in tanto, ma bisogna fare in modo che il soggetto comprenda che l’intervistatore ha capito. Attraverso ciò gli dimostra concretamente che si è pensato “con lui” e non soltanto “a lui”.

La maniera più semplice di riformulare consiste nella risposta-eco. La riformulazione-riflesso che utilizza delle altre parole considerate come equivalenti è invece una tecnica superiore, nella misura in cui evidenzia meglio il tentativo di comprensione.

Una maniera un po’ più complessa di riformulazione-riflesso è la riformualzione-riassunto, che tende a riformulare ciò che è essenziale per il soggetto. Non è un’interpretazione.

 

La riformulazione: rovesciamento del rapporto figura-sfondo

Il cambiamento figura-sfondo non aggiunge né toglie nulla a ciò che viene presentato, ma fa apparire qualcosa che fino a quel momento era rimasto latente. Si dà al soggetto la possibilità di vedere in un altro modo la propria percezione. Per i carattere particolarmente penetrante della procedura, il tono della risposta deve essere più che mai empatico.

La riformulazione-chiarificazione

La chiarificazione è l’obiettivo più difficile e più efficace della riformulazione, essa consiste nel mettere in luce e nel “rinviare” al soggetto il “senso” di ciò che ha detto. Esiste il grande rischio di sconfinare in una interpretazione.

 

Rogers ha sottolineato l’importanza di una triade di atteggiamenti personali da parte dell’operatore:

-                genuinità o concordanza

-                accettazione o considerazione positiva incondizionata

-                comprensione empatica

 

Il modello di Carkhuff

Carkhuff ha aggiunto due elementi alla triade di Rogers:

-confronto

-immediatezza.

Mediante il confronto è possibile mettere in evidenza le discrepanze e le incongruenze nei resoconti dell’utente, i giochi e le tattiche, la seduzione, l’elusione, l’evasione.

L’immediatezza o “relazione tu-me” rappresenta un modello di come parlare. L’operatore, capace di immediatezza, mostra come si fa.

Per Carkhuff non sono più le attitudini generali dell’operatore quanto le specifiche abilità che devono essere impiegate nel processo di aiuto.

 

Il modello di Miller e Rollnick

La prima fase di un counselling motivazionale consiste nel conoscere a quale stadio di cambiamento si trova il paziente e, a seconda dello stadio “rintracciato”, l'intervento persegue obiettivi diversi: accrescere l'autostima, sviluppare un senso di autoefficacia, attivare una bilancia decisionale, favorire l'azione ed una concreta modificazione del comportamento.

Gli stadi del cambiamento sono sei e passano dalla totale refrattarietà a modificare il proprio comportamento, in quanto non ne vengono percepiti i disagi che apporta, allo stadio finale dell'azione e del successivo mantenimento di ogni eventuale cambiamento realizzato.

Il primo stadio è quello della Precontemplazione, i pazienti che si trovano a questo livello non hanno alcun insight relativo alla loro condizione, l'obiettivo del counselor è pertanto quello di aiutare il "cliente" a divenire consapevole del problema.

Il secondo stadio è quello della Contemplazione, costellato da un diffuso senso di ambivalenza tra il riconoscimento del problema e la conseguente volontà di cambiare e la resistenza ad ogni eventuale evento che possa determinare un cambiamento. Lo stadio della Determinazione è il preludio allo stadio dell'Azione. L'individuo valuta insieme al counselor le possibili strategie per conseguire un cambiamento e le attua.

In questo modello, pur conservandosi l’enfasi sull’empatia e sull’ascolto attivo, si sottolineano le possibilità di iniziativa da parte dell’operatore.

 

I passaggi descritti sono:

-                dare indicazioni

-                rimuovere barriere

-                assicurare opzioni

-                diminuire la desiderabilità di comportamenti a rischio

-                implementare le responsabilità

-                praticare l’empatia

-                dare e chiedere feedback

-                chiarificare gli obiettivi

-                aiutare in modo attivo

-                favorire l’autoefficacia

 

Le strategie utilizzate sono:

- formulare domande aperte

- praticare l’ascolto riflessivo

- essere assertivi

-                riassumere

 

Modello integrato di counseling

Tale modello riunisce gli elementi che si riscontrano alla base di ogni tipo di counseling efficacemente strutturato.

Indipendentemente dall’orientamento teorico dell’operatore si possono identificare dei passi e dei livelli comuni nel processo di counseling. Lo scopo è dare all’utente l’opportunità di affrontare la propria vita in maniera più soddisfacente e con maggiori risorse.

Due sono le abilitò importanti: l’ascolto attivo e l’empatia.

L’ascolto attivo comprende l’attenzione, l’osservazione, l’ascolto vero e proprio, la facilitazione dell’espressione altrui. E’ importante in particolare:

-                accogliere i contenuti

-                fare attenzione alla comunicazione non verbale dell’altro: il linguaggio del corpo, il look, la mimica facciale, la voce

-                monitorare ai fini della coerenza la propria comunicazione non verbale e i propri filtri: aspetti culturali, pensieri, emozioni, valori, opinioni

-                è necessario nell’ascolto essere partecipi senza formulare immediatamente delle valutazioni o dei giudizi

 

Studi sperimentali hanno dimostrato che l’empatia da parte dell’operatore favorisce il cambiamento comportamentale diminuendo le resistenze.

L’empatia è una risposta emotiva che è provocata dallo stato emotivo o dalla condizione di un’altra persona e che è congruente con lo stato emotivo e la situazione dell’altro.


 

Nel processo di counseling integrato si distinguono tre fasi: iniziale, intermedia, finale.

 

 

Tema Fase 1                                                 Fase 2                                                            Fase 3

 

1.      Relazione                                 Instaurare                                     Mantenere e usare                         Terminare

 

 

 

2.      Contenuto                        Valutare problema e risorse                 Facilitare il cambiamento              Consolidare e

                                                                                                    del comportamento disadattivo               applicare nuovi

                                                                                                                                                                     comportamenti

 

 

3.      Piani terapeutici e                Sviluppare il piano                           Monitorare e rivedere               Valutare il processo      

Riflessioni                           terapeutico, negoziare                      il piano, riflettere sul                     e l’esito

                                               gli obiettivi                                       processo

 

 

 

 


 

Fase iniziale del processo di counseling

 

Scopi

1.               Stabilire una relazione di collaborazione.

2.               creare un clima di fiducia e intimità

3.               conoscere e definire il problema

4.               valutare e verificare la possibilità di collaborazione

5.               formulare un primo obiettivo condiviso (contratto)

 

      Strategie

1.               esplorare

2.               focalizzare

3.               chiarificare

 

Abilità

1.           accoglienza e apertura

2.           ascolto attivo

3.           empatia

4.           coerenza

5.           accettazione

6.           rispecchiamento di contenuti, sentimenti e significati

7.           concretezza

8.           ridefinizione

 

 

 

 

Fase intermedia del processo di counseling

Scopi

1.           mantenere la relazione di lavoro e di collaborazione

2.           riesaminare e rivalutare i problemi

3.           identificare aree deboli e comportamenti inadeguati

Strategie

1.          stimolazione

2.          ampliamento e modifica di visuale

 Abilità

1.        confronto

 

Fase finale del processo di counseling

Scopi

1.      decidere un cambiamento adeguato

2.      realizzare il cambiamento

3.      consolidare ciò che si è appreso

4.      chiudere la relazione

 

Strategie

1.     soluzione dei problemi (problem solving)

2.     processo decisionale (decision making)

3.     operazionalizzazione

4.     valutare le azioni e supportare il cambiamento

5.     chiusura

 

 

Abilità

1.     identificazione di possibili alternative (tramite brainstorming, creazione di nuovi scenari, ecc.)

2.     concretezza

3.     scomposizione in piccoli passi

 

Il  problem solving e il decision making permettono di prendere in esame il problema nel suo contesto, utilizzando i seguenti processi:

-         identificazione del problema

-         definizione del problema

-         analisi delle cause del problema (antecedenti)

-         esame delle possibili soluzioni (brainstorming)

-         scelta e assunzione di decisione in base ai propri scopi dopo aver analizzato la gamma di possibili alternative

In conclusione è opportuno ricordare alcuni principi che riassumono gli atteggiamenti efficaci dell’operatore e che costituiscono la base deontologica della sua attività:

-         individualizzazione dell’aiuto

-         libera espressione delle sensazioni dell’utente

-         impegno personale autentico dell’operatore, senza coinvolgimento emozionale

-         accettazione dell’utente nella sua realtà e nella sua dignità

-         non giudizio

-         autodeterminazione dell’utente

-         segreto professionale

 

LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Negli ultimi anni numerosi studi sulla percezione infantile mettono in luce una sensibilità originaria del bambino verso il mondo esterno.

Bara attribuisce al neonato “una competenza pragmatica innata che precede di qualche settimana ogni forma di comunicazione strutturata”.

Gli autori della teoria della mente ritengono che siano innate anche le capacità di attribuire agli altri esseri umani degli stati mentali come credenze, desideri e intenzioni, già presenti nei bambini. Nei discorsi dei bambini di due-tre anni che parlano con i loro fratelli più piccoli ci sono degli “aggiustamenti” che manifestano una sorta di competenza comunicativa.

Al fine di un intervento efficace è necessario che non solo gli aspetti cognitivi, ma anche quelli emotivi del soggetto siano coinvolti. Per questo obiettivo è indispensabile un’alleanza tra operatore e utente, cioè una relazione positiva all’interno della quale possono avvenire i cambiamenti necessari e si sviluppino le capacità “potenziali”.

La comunicazione linguistica è la via principale per raggiungere l’obiettivo. La comunicazione sarà efficiente solo se congruente nei suoi aspetti linguistici e paralinguistici.

E’ quindi indispensabile esaminare alcuni degli aspetti essenziali del campo sconfinato della comunicazione interpersonale. Il fuoco dell’analisi va indirizzato non già sui singoli elementi di un atto comunicativo, né sui singoli atti comunicativi isolati dal contesto spazio-temporale e sociale in cui avvengono, bensì sull’interazione e sulla relazione tra gli interlocutori, sulla configurazione dei comportamenti dei partecipanti, sulla costruzione e condivisione dei significati che si realizzano tra le persone in determinati contesti sociali della vita quotidiana, siano essi informali o istituzionali. 

La lingua è una forma di azione, pertanto l’emittente ha sempre uno scopo che persegue utilizzando in modo differenziato le diverse funzioni della lingua.

La funzione emotiva (o espressiva) si riferisce alla capacità di esprimere sé, le proprie emozioni, i sentimenti, la propria identità nel messaggio comunicativo.

La funzione fàtica si esprime nel mettersi in contatto con il destinatario del messaggio (“Eccomi qua”, “Pronto”)

La funzione metalinguistica fornisce spiegazioni sulla lingua stessa, sul suo funzionamento, definisce il rapporto tra gli interlocutori.

La funzione referenziale permette al messaggio di parlare di qualcosa, di riferirsi a qualcosa. Implica una conoscenza condivisa.

La funzione poetica riguarda l’aspetto interno del messaggio, la funzione della forma, che esso assume e di cui “colora” la funzione referenziale, aggiungendo o modificando il significato.

La funzione conativa per la quale si cercano effetti sul destinatario, dando suggerimenti, ordini, consigli.

 

La competenza comunicativa può essere definita come la capacità di relazionarsi con gli altri. Implicitamente comporta il sapere cosa fare e come farlo.

I fattori che facilitano lo sviluppo di una buona competenza comunicativa risultano:

1.     la complessità cognitiva (capacità di interpretare e trovare senso a ciò che gli altri fanno e dicono intorno a noi)

2.     l’empatia (espressività, calore umano, facilità di rapporto, flessibilità, ottimismo)

3.     l’assunzione di ruolo e il controllo del rapporto comunicazionale (capacità di condurre, sostenere, indirizzare l’interazione).

Le competenze principali da cui dipende la comunicativa sono:

1.     la competenza linguistica, cioè la capacità di produrre e interpretare segni verbali, che comprende la competenza fonologica (capacità di produrre e riconoscere suoni), sintattica (capacità di formare frasi), semantica (capacità di produrre e riconoscere significati)

2.     la competenza paralinguistica, cioè la capacità di usare caratteristiche come l’enfasi, la cadenza, le esclamazioni.

3.     La competenza cinesica, cioè la capacità di comunicare attraverso segni gestuali (cenni, mimica, postura, ecc.)

4.     La competenza prossemica, cioè la capacità di usare e interpretare l’orientamento spaziale e le distanze interpersonali dell’atto comunicativo (toccarsi, essere in contatto, ecc.)

5.     La competenza socio-culturale, cioè la capacità di riconoscere le situazioni sociali e le relazioni di ruolo e tutti gli elementi distintivi di una data cultura.